In questi giorni ragionavo su quanto sia difficile spesso prendersi una pausa, un periodo di stop da progetti, situazioni, problemi, rapporti di vario tipo, dal lavoro… da un “tutto” generale.
In un mondo che viaggia così veloce e che ci vuole “veloci”, quasi come se fossimo dei robot, riusciamo a dimenticarci di quanto possa essere rigenerante in alcune condizioni avere momenti d’immobilità. Prendersi una pausa ci sembra qualcosa di sbagliato, il frutto di una non-azione che ci fa solo perdere tempo.
Ignoriamo dunque le fatiche alle quali siamo costantemente sottoposti: quella mentale, quella fisica. Ci ritroviamo a spingere oltre le nostre possibilità anche nei momenti in cui tutto vorremmo tranne che fare questo.
Ma perché accade?
Ci hanno insegnato che l’inazione è sinonimo di malattia o mancanza d’interesse verso cose ed eventi. Rimane immobile chi si ammala, chi soffre, chi è depresso, chi non ha obiettivi, chi non ha una vita sociale, chi soffre di solitudine, chi fallisce. Ad oggi il pensiero di fermarsi e cercare di ricaricarsi, anche solo per qualche giorno/settimana, ci angoscia. Il mondo va avanti, le persone vanno avanti (e i social in questo sono bravi a metterci sempre in una condizione di confronto), tutto va avanti e noi dobbiamo fare altrettanto.
Una giornata di pioggia diventa un problema: le strade si bloccano e uscire di casa può non essere possibile. L’influenza è il male del secolo: non possiamo andare a lavoro e dobbiamo rimanere a letto. Potrei fare moltissimi esempi, eppure l’esito sarebbe sempre lo stesso: se non siamo produttivi, se non interagiamo con altre persone (anche quando non ne abbiamo voglia) sentiamo quasi di non esistere.
Tutto ciò è frutto di condizionamenti sbagliati; come dicevo prima, siamo posti in un confronto costante con le altre persone che non sempre risulta essere sano. Prendersi una pausa ci fa sentire colpevoli nel momento in cui, ad esempio, accediamo ad Instagram e vediamo stories, post, video di persone che organizzano le loro giornate quasi in maniera metodica, impegnate tutto il giorno a fare milioni di cose.
Abbiamo una concezione distorta di ciò che significa “FERMARSI”
Uno dei problemi principali è l’interpretazione che diamo alla parola “fermarsi”. Fermarsi, prendersi una pausa, non significa necessariamente non-agire o non trascorrere tempo di qualità. Molti di noi immaginano il restare fermi come una condizione in cui si è immobili di fronte al passare del tempo, delle ore, dei giorni.
Hai mai pensato che fermarsi potrebbe anche voler dire goderti te stesso/a? Oppure, ancora, passare alcune giornate lontano da tutto ciò che va veloce per ritagliarti un REALE tempo di qualità in cui ti dedichi DAVVERO a ciò che ami fare? E che, ad esempio, se ciò che ami fare è semplicemente stare sul tuo letto a guardare un film, una serie-tv, leggere un libro, non sei immobile come un “ammalato”, ma stai agendo per ricaricare la tua mente, il tuo corpo, ascoltando un tuo bisogno?

Perché prendersi una pausa NON è sbagliato?
Sono d’accordo con chi potrebbe obiettare dicendo che prendersi una pausa per troppo tempo potrebbe identificare un problema più profondo. Ma è proprio questo il punto: qui non stiamo prendendo in esame un problema, ma ciò che NON distinguiamo dal problema.
Non tutte le pause sono problematiche. Esistono giornate in cui semplicemente non abbiamo voglia di alcuna routine. Non abbiamo voglia di compiere grandi azioni, di dover essere per forza efficienti, di interagire. Ci sono giornate in cui possiamo concederci il lusso di non affrontare il mondo, il suo scorrere veloce così imposto, che ci scarica, che ci spinge oltre ai nostri limiti facendoci perdere il focus che dovremmo SEMPRE avere su noi stessi.
Siamo ormai circondati da simil-coach del benessere che ci riempiono la mente con le loro continue, come le chiamo io, “positive vibes”, come se la vita fosse un arcobaleno in continua evoluzione. Come se ogni nostra giornata dovesse necessariamente essere costellata di traguardi e conquiste. Routine fantastiche, vincenti, super-organizzate, all’interno delle quali sparisce la nostra individualità in favore di un modello da seguire perché ormai venduto come il migliore in assoluto.
Ma la vita non è un arcobaleno. Non è una linea retta che scorre in avanti senza intoppi. La vita è un divenire fatto anche di momenti no, giornate immobili o noiose, giornate in cui “non ho voglia” diventa il modus operandi. Giornate in cui scopri che per goderti un momento di qualità è proprio da quella routine che devi evadere.
Prendersi una pausa è sbagliato, sì, ma solo se non lo fai. Perché significa che non ti stai ascoltando davvero fino in fondo.